Ardengo Soffici nasce a Rignano sull'Arno il 7 aprile 1879. Fin da bambino Soffici manifesta una forte inclinazione verso l'arte figurativa e la letteratura, passioni che coltiverà lungo tutto l’arco della sua vita. Nel 1893, a causa di problemi economici, si trasferisce con la famiglia a Firenze dove, seppur subendo un brusco cambiamento di vita che lo allontana dall’amata campagna, ha l’opportunità di crescere a contatto con la magnificenza artistica di questa città e con nuovi stimoli provenienti dalle riviste di quel periodo, come ad esempio Scena illustrata o Il Marzocco, che lo informa su autori stranieri quali Victor Hugo, Tolstoj, Dostoevskij, Baudelaire. Le ristrettezze economiche non gli consentono di completare studi regolari; si iscrive all’Accademia di Belle Arti e poi frequenta per breve tempo la Scuola Libera del Nudo dove ha modo di stimare Giovanni Fattori, artista che Soffici individua da subito come uno dei maestri sommi dell’epoca, al pari dei pittori impressionisti francesi.
Nel novembre del 1900 parte con alcuni amici pittori per Parigi, in quegli anni centro della vita artistica e culturale; qui soggiornerà, con brevi rientri in patria, fino al 1907. Nella capitale francese, dove per vivere disegna vignette per i giornali umoristici, gli si aprono nuove prospettive letterarie e artistiche, conosce Picasso, Apollinaire, lo scultore italiano Medardo Rosso, Henri Rousseau, Max Jacob, Braque, Derain, Matisse ed altri protagonisti di quella irripetibile stagione.
Il panorama urbano parigino non suscita interesse pittorico in Soffici, che coglie la modernità nella pittura di Cézanne e nelle sperimentazioni cubiste di Picasso e Braque. Rientrato in Italia, insieme agli amici Papini e Prezzolini scriverà di questi autori sulla rivista La Voce. Nel 1913 fonda insieme a Giovanni Papini la rivista Lacerba nella quale confluiranno gli apporti degli amici francesi e le sperimentazioni dei futuristi italiani Marinetti, Boccioni, Carrà, Severini, Russolo.
Fra il 1910 e il 1914 torna per brevi soggiorni a Parigi, espone in Italia e all’estero dipinti appartenenti a questo momento di ricerche orientate verso composizioni cubiste. Nel periodo tra il 1911 e il 1915, che rappresenta una stagione intensa e breve rispetto all’intera attività pittorica di Soffici, dipinge composizioni di oggetti, a volte con un originale utilizzo del collage; sono pochi i paesaggi, per lo più edifici ridotti a linee colorate, isolati o riuniti in blocchi omogenei, comunque sempre edifici di campagna o al più piccoli borghi.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che sostiene con una campagna interventista sulle pagine di Lacerba, Ardengo Soffici si arruola volontario. Nel 1916, in occasione di una licenza, conosce a Ferrara i fratelli de Chirico e Carlo Carrà. Filippo de Pisis, che risiede a Ferrara e frequenta con giovanile entusiasmo i tre artisti, inizia un nutrito scambio epistolare con Soffici, che considera un maestro cui presentare i frutti della propria passione artistica.
Tornato nella casa materna di Poggio a Caiano, che diventerà la sua dimora fissa, Soffici sposa Maria Sdrigotti, una giovane conosciuta in Friuli che gli darà tre figli. La guerra e le nuove responsabilità familiari lo portano a considerare le esperienze giovanili e l’avanguardia artistica come appartenenti al passato. A contrasto con la devastazione morale portata dalla guerra, trova consolazione nelle forme della natura e torna a dipingere i casolari, i campi davanti alla casa di Poggio, le vigne, i cipressi e le strade, come già aveva fatto negli anni tra il 1907 e il 1910. Con questi panorami, cui si aggiungerà la marina della Versilia nella seconda metà degli anni Venti, Soffici mantiene per tutta la vita un legame indissolubile.
Nel periodo tra le due Guerre, Soffici è ormai una fra le più autorevoli personalità della cultura italiana, conduce una vasta attività di scrittore su giornali e riviste, ma altrettanto importante è il suo lavoro di pittore, con mostre personali e partecipazioni, anche con sale individuali, alle più prestigiose esposizioni pubbliche, la Biennale di Venezia (1926) e la Quadriennale di Roma (1931).
Muore nella casa di Vittoria Apuana il 19 agosto del 1964.